Valentina Tanni, Intervista a Bianco-Valente, 2002
Valentina Tanni: Quello che mi colpisce della vostra ricerca è la continua commistione tra arte e scienza, tra una sensibilità estetica potente e raffinata e un'attitudine quasi sperimentale, da laboratorio. Pensate che quella che chiamano "terza cultura" (frutto appunto dell'unione di cultura artistica e scientifica) sia una realtà della nostra contemporaneità o solo una teorizzazione?
Bianco-Valente: L'indagine sulle dinamiche complesse attive nel nostro cervello ci ha subito portato a sperimentare modi alternativi di utilizzare i computers e tutti gli altri dispositivi elettronici che la tecnologia attuale ci mette a disposizione.
La cosa curiosa è che, proprio come accade nel nostro cervello, noi lavoriamo e sperimentiamo essenzialmente sul software che ci permette di gestire queste macchine, che senza di esso sarebbero non molto più di un agglomerato di pezzi di metallo, plastica e silicio.
Ci troviamo quindi in un circolo virtuoso in cui, per studiare le relazioni fra il corpo e la mente umana, ci insinuiamo nelle relazioni che intercorrono fra l'hardware e il software di un computer.
E' chiaro che, dal nostro punto di vista, sembra che l'unico modo per affrontare i rigori del futuro tecnologizzato verso il quale l'umanità sta tendendo, sia proprio quello di non perdere la propria umanità al cospetto delle macchine e di imparare a gestirle senza lasciarsi gestire da esse.
VT: Molti studiosi, da Mcluhan in poi, hanno attribuito all'artista il ruolo di "sismografo" delle mutazioni socioculturali in corso. Condividete questa visione dell'arte come forza riflessiva e anticipatrice dei cambiamenti del mondo e della società?
B-V: Nell'antichità e fino a diversi decenni fa questo è stato sicuramente vero, ma adesso, il feedback fra la realtà tangibile e la realtà catodica, che ci viene spalmata quotidianamente sulla retina dai media, è troppo veloce ed è quindi onestamente difficile capire quale sia la vera fonte ispiratrice dei mutamenti delle tendenze in atto nelle dinamiche socioculturali.
E' sicuramente vero che l'artista visivo, lo stilista, il musicista, influenzi la visione che i media danno della realtà, ma è altrettanto vero che allo stesso tempo la televisione e internet influenzano più o meno profondamente il modo in cui gli artisti vedono il mondo.
E questo è un loop di difficile interpretazione.
VT: Ultimamente, anche nell'arte, la tecnologia sta diventando sempre più "trasparente"; nelle vostre installazioni invece i computer sono sempre "spogli", e mostrano senza pudore l'hardware e il suo funzionamento. Da cosa deriva questa scelta?
B-V: Nel caso di Breathless, un computer che legge in tempo reale e con la propria voce sintetica alcune nostre poesie che gli abbiamo inserito in memoria, era
importante che le persone percepissero che quella voce inquietante, così calda e profonda, veniva generata nello stesso momento in cui essi la ascoltavano da quelle schede che vedevano assemblate sul pavimento, mediante i processi logici che vi avvenivano all'interno.
Allo stesso modo in Volatile, sempre per evidenziare il paradosso di strutture artificiali che generano fenomeni che noi percepiamo come naturali, il computer, sempre assemblato direttamente sul pavimento, genera uno stormo di uccelli che volteggia libero sul soffitto mediante una videoproiezione.
I 30 punti luminosi, che stanno a simulare gli uccelli, sono liberi di muoversi in uno spazio virtuale tridimensionale, anche se soggetti a seguire solo 3 semplici leggi che osservano in natura determinate specie di uccelli mentre volano in stormo.
E così, appena un secondo dopo aver avviato la macchina, i 30 punti distribuiti casualmente sullo schermo cominciano a volteggiare, generando degli schemi che noi percepiamo immediatamente come naturali, anche se sono solo il singolare prodotto di oscuri calcoli numerici.
VT: Questi ultimi dieci anni sono stati determinanti per lo sviluppo della giovane arte italiana. Anni di forte fermento, di nuove proposte e ricerche e soprattutto una rinnovata attenzione da parte della critica e delle istituzioni. In questo nuovo scenario, anche il ruolo dell'artista sembra essere mutato, conquistando via via un'autonomia ed una consapevolezza sempre maggiori. In questo momento,secondo voi, cosa si chiede ad un artista per emergere, per imporsi?
B-V: Da ciò che si vede in giro, è sicuramente importante la capacità che una persona ha di sapersi relazionare e collocare in una dinamica relativamente complessa, dove diverse figure come gli altri artisti, i galleristi, i collezionisti, i critici/curatori e gli editori, possono aiutare in maniera determinante l'artista stesso a veicolare nel modo giusto il proprio lavoro.
Paradossalmente, in alcuni casi, il requisito di un lavoro innovativo e/o di qualità, se vengono soddisfatte appieno le altre condizioni citate prima, può anche diventare una dote accessoria, non essenziale.
VT: A cosa state lavorando attualmente e quali sono i vostri impegni per il prossimo futuro?
B-V: Abbiamo di recente inaugurato Slow Brain Nella Galleria Antonella Nicola di Torino. Tutti i lavori in mostra si incentravano sulla capacità che determinate sostanze chimiche hanno di alterare la percezione che noi abbiamo della realtà esterna, o il modo in cui essa viene miscelata ai nostri ricordi e alle nostre immagini mentali, e quindi sulle relazioni che intercorrono tra naturale e artificiale.
Chi volesse approfondire il discorso può visitare il sito della mostra: www.bianco-valente.com/slowbrain.
Al momento siamo invece impegnati in un progetto molto ambizioso che consiste nello sviluppo di un software per la vita artificiale, che ci permetterà di presentare una serie di installazioni in spazi pubblici, con lavori che avranno una lenta ma continua evoluzione casuale che potrà in teoria durare all'infinito, e che ricalcherà le stesse dinamiche che i primi esseri unicellulari sulla terra hanno dovuto instaurare per poter generare il mondo così come lo vediamo ora.
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Tratto da Exibart.com, 1 marzo 2002