Loredana Troise, Nessuno escluso, intervista a Bianco-Valente, 2020
Loredana Troise
Come nasce l’opera Nessuno Escluso? Quali direttive mentali per la realizzazione del suo progetto?
Bianco-Valente
Pasolini, Umberto Eco e diversi altri intellettuali hanno riconosciuto alla città di Napoli la capacità di non omologarsi ai trend globali, o almeno di non subirli passivamente. Questo territorio è un potente generatore di immaginario che nutrendosi di visioni utopiche, asincronicità, dissipazione, riesce a generare avanguardia in musica, teatro, cinema, letteratura, arte etc.
Questo è possibile grazie a una serie di condizioni storiche, urbanistiche, ma soprattutto sociali che caratterizzano la città.
C’è però una radicale trasformazione in atto, dovuta alla mercificazione della città a scopo turistico e al conseguente processo di gentrificazione che sta sfilacciando le maglie dell’articolato tessuto sociale che per secoli ha animato le sue strade.
Tutto questo in prospettiva renderà Napoli vittima dei suoi stessi stereotipi, disarticolandone progressivamente la capacità di generare visioni non omologate, nelle arti e nella cultura.
Nessuno escluso per noi significa salvaguardare la possibilità per e classi meno abbienti di continuare a vivere nel centro della città, significa investire prioritariamente nella scuola affinché tutti abbiano la possibilità di formarsi al meglio, significa anche lasciare attiva la capacità di accogliere altre culture, trasformare, trasformarsi, peculiarità che hanno contraddistinto questo luogo fin dalla sua fondazione da parte di coloni greci 2.500 anni fa.
L.T.
Ci sono luoghi che pur marginali e privi di un’anima possono essere trasformati in luoghi mentali, artistici: ne è prova Nessuno Escluso. È un modo corretto per descrivere questo vostro lavoro?
B-V
L’intero asse costiero di via Marina è un’area emblematica della città, racconta bene quanto siano state deleterie tutta una serie di scelte strategiche prese negli ultimi centocinquant’anni. Questa strada ci parla di mare e paesaggio negati, storia e architettura stravolti, senza che le persone che vivono questi luoghi abbiano avuto nulla in cambio, anzi.
La maggior parte delle persone non percepisce tutto ciò, perché percorre questa strada in auto senza mai metterci veramente piede, senza avere veramente voglia di comprendere questo dramma. È ovvio che la nostra opera non risolve direttamente nessuno di questi problemi, è piuttosto l’invito ad adottare un punto di vista alternativo su quest’area della città, ad acquisire consapevolezza della sua bellezza tragicamente inespressa.
L.T.
Come vi siete rapportati con la zona dove avete installato l’opera? Quali le criticità?
B-V
È in atto una guerra mediatica sui lavori di riqualificazione di via Marina, anche in vista delle prossime elezioni comunali. Da anni l’oggetto del contendere sembra essere la grande struttura circolare che richiama due vecchi gasometri ancora visibili nell’area. Nel progetto originario avrebbe dovuto sostenere una corte di pannelli pubblicitari luminosi, che però non sono stati montati per questioni di viabilità. Ci è stato proposto di intervenire proprio su questa struttura e noi abbiamo ideato l’opera integrandola ad essa con l’intenzione di trasformarla in una ideale porta di accesso alla città.
Apriti cielo, l’inaugurazione di Nessuno escluso è stata l’occasione per dare nuova linfa alle polemiche e aizzare l’opinione pubblica contro presunti sprechi di denaro pubblico e contro il nostro stesso lavoro. In breve tempo, sui social, siamo diventati i destinatari delle invettive di alcune persone angustiate dai gravi problemi economici generati dall’epidemia.
La stampa locale avrebbe potuto avere un ruolo nel chiarire alcune questioni, ma fino ad ora si è limitata a scriverne come fatto di cronaca o elemento di discussione politica, senza mai considerare veramente l’opera in quanto tale.
L.T.
Il vostro lavoro pone spesso in dialogo dimensioni tra loro apparentemente molto lontane, se non opposte: il centro e la periferia, il museo e il luogo dimenticato, il paesaggio esterno e quello mentale. Quali sono le vostre direttive deontologiche attraverso cui riuscite ad affrontare queste delicate dicotomie?
B-V
Ci appassiona l’idea di arte liberamente fruibile dalle persone, senza porte di accesso, senza guardianìa, opere ideate espressamente per quel luogo, per relazionarsi con quella specifica comunità, ma che riescano comunque ad incarnare un senso universale. Nessuna semplificazione o compiacimento, piuttosto un invito a guardare il contesto da un’altra prospettiva, a spezzare, anche solo per pochi istanti, il ritmo di giornate che sembrano compiersi e poi svanire tutte nello stesso modo.
In questa fase della vita sentiamo di voler andare in questa direzione, sbagliando a volte, riprovando, per poter sbagliare meglio la volta successiva, come suggeriva Beckett.
L.T.
Nessuno Escluso è il prodotto di una riflessione sugli odierni scenari: pensate che oggi tutto sia diventato meno istintivo e più calibrato?
B-V
Gli artisti sono sempre riusciti ad esprimersi in entrambi i modi, molto dipende dalla personalità di chi crea e dal momento. I nostri interventi molto spesso nascono in relazione ad una situazione specifica e sono strettamente connessi alla storia di un luogo, alla sua architettura, agli individui che lo abitano. Anche se di volta in volta decidiamo di utilizzare mezzi diversi, l’opera è sempre espressione di questa relazione e può scaturire da una suggestione o essere la sintesi stessa del sentire delle persone.
L.T.
Quanto la parola “recupero” (centrale nella vostra poetica) si innerva in questo lavoro, e quale senso ne attribuite?
B-V
Nella mente avviene un fenomeno per cui i ricordi del passato vengono continuamente rielaborati e integrati alle nuove esperienze del momento. È questo continuo rimescolamento fra vecchie e nuove esperienze che determina la nostra personalità.
Il passato che ci interessa è quello che si mantiene vivo nello spirito delle persone, ciò che integrandosi con il presente è ancora in grado di generare visioni e pulsioni rivolte al futuro.