Le linee di senso, Arianna Ladogana, 2023
«La maggior parte delle forme di vita ha la capacità di percepire le realtà esterna attraverso il senso della vista, ma siamo l’unica specie ad avere una forma di linguaggio così complessa e articolata. L’uomo è pienamente consapevole di questa specificità e infatti ha da sempre attribuito un potere taumaturgico alla parola che è in grado di curare, ma anche di indurre la formazione di immagini e “scene” nella mente dei nostri interlocutori. Studi recenti sembrano dimostrare che il cervello umano si è evoluto dando una grande importanza alle informazioni che è possibile ottenere dall’ascolto delle esperienze altrui, e questo avrebbe determinato il successo delle storie e l’istintivo bisogno che tutti abbiamo di sentircele raccontare.»
Costante presenza nel lavoro di Bianco-Valente, la parola è la particella elementare di un più ampio sistema di coinvolgimento emotivo e fisico tra persone: il racconto.
Passeggiare per le strade, ascoltare i suoni e i rumori, incontrare gente e chiacchierare con loro, lavorare con empatia a contatto con le persone, osservare i dettagli del luogo e coglierne le sensazioni emanate, ragionare sulle opere all’aria aperta davanti ad un paesaggio. Queste sono solo alcune delle fasi progettuali del lavoro di Bianco-Valente, nelle quali la parola è sempre protagonista.
Giovanna e Pino prima di incontrarsi non hanno mai creato arte. Giovanna Bianco, originaria della Basilicata, ha studiato a Napoli storia del cinema; Pino Valente, napoletano, ha studiato geologia. C’è sempre stato in loro un interesse per l’arte, per le mostre e per i musei da visitare, tuttavia il loro incontro, avvenuto alla fine del 1993, li ha uniti nella produzione di arte e, fin da subito, li ha stimolati in una energica e propedeutica sperimentazione. Nasce, così, il duo Bianco-Valente. Condividendo la passione per il cinema e per la scienza e cogliendo le possibilità offerte dai mezzi tecnologici, le loro prime ricerche sono orientate verso il video e le riprese sperimentali, in cui si sovrappongono scene registrate con la videocamera di Giovanna, la stessa utilizzata per la sua tesi di laurea, con parole ed immagini che celano importanti riflessioni. Ad affascinarli è l’essere umano nella sua relazione tra mente e corpo e nel rapporto con il mondo fuori e con i suoi simili; tutte realtà concepite a livello cerebrale attraverso particolari meccanismi percettivi.
Lo studio della biologia ha permesso loro di comprendere come avviene l’interazione fra le forme di vita, come queste si sono evolute nel tempo, come percepiscono l’esterno e come conservano memoria delle esperienze compiute. L’uomo è l’essere vivente più evoluto; durante il suo progresso si è separato delle sue compagne scimmie per un inedito e più complesso uso della mano, la quale gli ha permesso di percepire in modo diverso il mondo intorno e, in un certo senso, di modellarlo.
A differenziarlo dalle altre specie è, inoltre, la capacità di comunicare attraverso la parola mediante una articolata proprietà di linguaggio. La riflessione che i Bianco-Valente ci invitano a compiere è sull’importanza della parola; attraverso le storie, infatti, si creano immagini nelle menti che ascoltano e attraverso il linguaggio si articolano pensieri ed esternano emozioni. Il cervello umano si è evoluto in modo da assorbire concetti dall’esterno sotto forma di parole: attraverso la lettura, l’ascolto di storie e racconti o la visione di un film possiamo imparare cose nuove e non commettere errori, possiamo fare esperienze senza compierle in prima persona, possiamo provare piacere e sentirci stimolati nella scoperta del “come va a finire” e, come succede ai bambini, possiamo dolcemente addormentarci. Siamo dipendenti dalle storie.
Estendendo questa riflessione alla collettività, gli artisti sostengono che sia proprio la possibilità di raccontarsi storie e di condividere esperienze a tenere unita una comunità, a formarne una identità ed una memoria; quando parliamo di “tessuto sociale” ci riferiamo proprio a questo principio di intrecci, che con un filo tesse insieme la quotidianità di ciascuno.
Per formalizzare questi studi e queste riflessioni in opere d’arte ricorre molto spesso nei lavori di Bianco-Valente l’immagine della mano, affiancata alla parola scritta e alla tessitura.
Ne è un esempio il video Sulla pelle (2010), in cui parole tratte da diari di viaggio, lettere, saggi e romanzi, formulati da intellettuali e scrittori in epoche diverse sulla città di Napoli, si stratificano visivamente.
Bianco-Valente, Sulla Pelle, 2010, Video 4’18”, Musica di Andrea Gabriele
Usata a più livelli, la parola è per Giovanna e Pino in primo luogo la possibilità di scambiarsi idee e di confrontarsi per organizzare il proprio lavoro di duo artistico, come due menti e quattro braccia, in un’attività portata avanti sempre attraverso un fecondo e continuo dialogo.
Si occupano per lo più di arte pubblica, la quale, superando l’autoreferenzialità e la sterilità che a volte anima gli spazi dediti all’arte, è progettata per lo spazio pubblico riflettendo sullo spazio in una continua relazione con la storia, con il paesaggio e con le persone che, abitando nel luogo di riferimento, di conseguenza ospitano e vivono l’intervento artistico. L’invito è sempre teso a ragionare su un tema e molto spesso si ritrovano a lavorare in un determinato luogo con un gruppo di persone; è in casi come questo che il dialogo si estende a tutti. Che si tratti di workshop a contatto con studenti che condividono una conoscenza o un interesse per l’arte, o di progetti condivisi con giovani artisti, o ancora a contatto con una collettività di persone per nulla coinvolta nel contesto artistico, la prima fase progettuale è formare un gruppo, tutti insieme.
L’obiettivo di Bianco-Valente è dar vita al progetto insieme al gruppo, motivo per cui scelgono di non portare con sé nel luogo di residenza un’idea definita da formalizzare. Raccontano di come l’inizio non sia mai semplice da gestire. Succede di vivere un generale spaesamento o di cercare di conquistare, attraverso un processo di conoscenza, la fiducia delle persone inizialmente un po’ dubbiose, per trasmettere valori di sincerità e rispetto, tipici della propria modalità di lavoro. Dopo questo primo momento e conquistata la fiducia, il lavoro di gruppo è fortemente stimolante e produttivo, le persone si mostrano come dei fiumi in piena, sono emozionate di sentirsi parte di un processo che li riguarda come esseri umani e hanno voglia di condividere idee; questa è la bellezza e la potenza dell’arte pubblica, la quale può superare confini sociali e colpire profondamente anche chi, conducendo la propria vita di tutti i giorni, la incontra per strada durante il passaggio quotidiano.
Ma poi, lo spazio pubblico non è solo quello fisico e percorribile, è anche lo spazio dei racconti; è per questo principio che l’arte pubblica può anche essere qualcosa di effimero, forte, come un momento vissuto intensamente dalle persone le quali, conservandolo per sempre nella propria memoria, lo racconteranno ancora e ancora, durante il chiacchierare quotidiano, per ricordare esperienze e per tramandare alle future generazioni l’intimità di quel luogo. Nel lavoro di Bianco-Valente ritroviamo, inoltre, la parola come scrittura manuale, intesa come espressione intima della propria mente e del proprio corpo ed anche come oggetto, ovvero come un’immagine o un filtro che, sovrapponendosi ad un paesaggio, ne altera la sua visione. Guardare un paesaggio, che sia uno scenario urbano o naturale, significa percepire una visione e dedicarsi del tempo durante il quale la nostra mente elabora delle riflessioni. Si instaura un collegamento tra sé e il paesaggio in cui sembra non esserci null’altro di mezzo. È in questo spazio che Bianco-Valente introducono una frase, una linea di senso, solitamente riprodotta in metallo intagliato e verniciato, a neon o scritta, talvolta incompleta nel significato o misteriosa, in grado di lasciare aperte delle questioni, di porre degli interrogativi e di far percepire il paesaggio su cui è installata attraverso un nuovo senso.
Nel giugno 2014 Bianco-Valente realizzano il progetto Cosa manca, sviluppato durante una settimana di residenza a Roccagloriosa in Cilento. Roccagloriosa è descritta dagli artisti come un luogo davvero molto bello eppure vittima di un incredibile “svuotamento” demografico. Succede molto spesso di assistere al fenomeno del trasferimento demografico dai piccoli paesi alle città in virtù di maggiori possibilità e comodità; questo avviene nel caso di paesi in cui è spiacevole vivere o eccessivamente in altura tuttavia non è il caso di Roccagloriosa, paese inserito in un complesso di altri paesi, in collina e a cui pare non mancare nulla. «Allora perché la gente se ne va da Roccagloriosa? Cosa Manca?»Sono queste le domande formulate da Bianco-Valente durante il brainstorming progettuale, divenute, poi, il punto fondamentale del progetto. Non resta che coinvolgere gli abitanti e dare una giusta forma a questo pensiero. Osservando, durante una pausa caffè all’aperto, una signora che stende il bucato sul suo balcone e le candide lenzuola svolazzanti alla luce del sole, sopraggiunge l’idea: chiedere senza spiegazioni alle persone «Cosa manca?» e raccogliere tutte le risposte annotandole su una agenda, includendo anche quelle ironiche o evasive. Le risposte sono poi scritte a mano in modo casuale su tovaglie e lenzuola gentilmente fornite dalle stesse persone. Riprendendo l’idea dell’intreccio di esperienze e del tessuto sociale della comunità, Bianco-Valente hanno chiesto agli abitanti di appendere al proprio balcone i tessuti scritti, distribuiti ancora una volta in modo casuale, per “esibirli” durante il giorno dell’inaugurazione della mostra.
La risposta di una persona, scritta su un tessuto di una seconda persona è appesa al balcone di una terza persona, il tutto in forma anonima. Il balcone è uno spazio fortemente allusivo e simbolico: rappresenta la soglia tra spazio privato e spazio pubblico, in quell’occasione messo a disposizione per esprimere un concetto, un punto di vista sui desideri e le necessità di una persona sconosciuta o con cui forse, nella vita quotidiana, c’è poca simpatia.
Bianco-Valente, Cosa Manca, 2014, progetto per Front of Art, Roccagloriosa
L’opera intitolata Primo vero passo prevede l’incisione di parole su pietra. Si tratta di un progetto realizzato a seguito di un workshop svolto da febbraio a giugno del 2017, presso il Liceo Gian Battista Vico di Napoli con gli studenti della III D del Liceo scientifico. L’intento è creare un’opera ambientale legata a quel luogo e che si relazioni con il vissuto degli studenti. Il fare gruppo ha previsto una serie di incontri in cui riflettere sul ruolo importante della scuola per ciascuno di noi; essa rappresenta un momento di passaggio, una fase fondamentale e transitoria per la nostra vita. Per questo l’opera è un intervento permanente sulla soglia dell’edificio scolastico, sostituita con una pietra di Trani su cui è incisa la frase “Primo vero passo”. Sono parole che, mentre fisicamente si attraversa la soglia per entrare a scuola, pongono un quesito e attivano una riflessione sulla transitorietà degli anni legati alla formazione scolastica, un periodo di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta.
Bianco-Valente, Primo vero passo, 2017, Soglia in pietra di Trani, cm 240 x 61, opera permanente, Liceo Vico, Napoli
Per Bianco-Valente il processo creativo è una lotta con il senso, una continua formulazione di domande che mirano a raggiungere davvero la profondità delle cose per cercare risposte. È dialogo continuo, fare esperienze, è ricerca quotidiana in territori che non riguardano solo l’arte contemporanea bensì tutto ciò che è in grado di fornire stimolo e arricchimento: il cinema, la letteratura, la musica, l’incontro con le persone, la strada.
Sin dagli esordi hanno partecipato a numerose mostre personali e collettive. Tra le installazioni pubbliche di grandi dimensioni realizzate attraverso il confronto con la realtà urbana e la collettività ricordiamo: Ogni dove (2015), installazione permanente per il Museo A Cielo Aperto di Latronico; Il Mare non bagna Napoli, installato nel 2015 sul punto più alto del Museo Madre a Napoli; Misuro il tempo del 2019 a Ischia; A forma di tempo (2019) a cura di Roberto Lacarbonara presso Lama Monachile a Polignano a Mare; Nessuno escluso nel 2020 a Napoli; Parla del tuo villaggio (2022), installazione permanente presso Palazzo De Gualtieris/Kora centro del contemporaneo, Castrignano de’ Greci (LE), solo per citarne alcune. Dal 2008 curano con Pasquale Campanella il progetto di arte pubblica A Cielo Aperto, sviluppato a Latronico, in Basilicata, perseguendo l’idea di lavorare alla costruzione di un museo diffuso all’aperto, al quale è dedicato il libro a cura degli stessi Bianco-Valente e Pasquale Campanella “A Cielo Aperto, pratiche di collaborazione nell’arte contemporanea a Latronico” pubblicato nel 2016 da Postmedia Books. Protagonisti di numerosi, laboratori, workshop e seminari, sono menzionati in numerosi articoli e pubblicazioni dedicati al proprio lavoro.
Vivono e lavorano a Napoli.
Testo tratto da Pietraverso, Tesi di laurea specialistica di Arianna Ladogana presso l'Accademia di Belle Arti di Bari, 2023.